“Largo ai giovani“
Tra la fine degli anni ‘50 e gli anni ‘60, l’economia italiana attraversa una vera e propria “età dell’oro”, sostenuta da un forte incremento demografico e dall’espansione economica industriale : tra il 1958 e il 1963 il prodotto interno lordo italiano cresce al ritmo del 6,3% annuo e nel 1965 l’Italia, grazie anche al basso costo dei salari e alla grande disponibilità di manodopera, giunge a coprire il 12% della produzione europea, appena sotto Francia, Inghilterra e Germania.
Questo periodo così fortunato è chiamato “miracolo economico” (o “boom economico”).
Gli italiani del boom sono pieni di ottimismo: le possibilità, i sogni e le speranze sembrano senza limiti. Nascono concetti nuovi: evasione, consumo, vacanza, tempo libero, assolutamente sconosciuti al mondo contadino: gli italiani dimenticano che solo poco tempo prima si usava dire che “quando un contadino mangiava un pollo o era malato il pollo o era malato il contadino”.
E’ un’Italia esterofila che importa, senza filtri, la cultura nordamericana più per voglia di modernizzare che per posizione politica.
Uno dei simboli del periodo è l’automobile, diventata in quegli anni un autentico “status symbol”. Arrivano sul mercato nel 1955 la Fiat 600 e nel 1957 la più piccola ed economica Fiat 500. Tra il 1956 e il 1965 il numero di automobili possedute in Italia passa da 1 a 5 milioni e nel 1964 viene inaugurata l’”autostrada del sole” che collega Milano con Napoli e che unisce l’Italia più di quanto non avesse fatto Cavour cent’anni prima.
Un altro settore di espansione economica e di cambiamento nello stile di vita è quello degli elettrodomestici: frigoriferi, lavatrici e televisori entrano nelle case di tutti gli italiani.
Con il lavoro regolato dagli orari e gli elettrodomestici in casa aumenta il tempo libero e la televisione diventa il nuovo hobby degli italiani. Le trasmissioni televisive sono un importante strumento di diffusione della civiltà dei consumi ed un momento di ritrovo collettivo dentro e fuori le abitazioni.
Il Festival di Sanremo aveva già intuito questa nuova opportunità: dal 1955, infatti, la gara era diventata un appuntamento fisso per tutti i telespettatori.
Nel 1958 Domenico Modugno era stato una vera rivoluzione: cantava agitando le braccia e con una voce forte, non ovattata come negli anni 50. Sulla sua scìa arrivano nuovi cantanti che vengono soprannominati “urlatori”. Nel 1960 vince la canzone “Romantica” “urlata” da Tony Dallara.
C’è nel paese un desiderio di novità e l’industria discografica intuisce subito che i giovani possono essere consumatori molto di più interessanti dei loro padri, ancora troppo condizionati dalla passata guerra e dalla psicosi del “risparmiare”. Nasce così il “mito dei giovani” attorno ad un nuovo ballo importato dagli stati uniti, il “Rock ‘n roll”. La cosa divertente è che la canzone “Rock Around the Clock” (all’origine del ballo) fu scritta tra tre personaggi per nulla giovani (Max Freedman, 63 anni, Richard Brooks, 43 anni e Bill Haley, 30 anni)
E così a Sanremo sul palco del 1961 si presenta Adriano Celentano, un ragazzone alto, magro e dinoccolato che infrange tutte le tradizioni: canta con le spalle al pubblico, si agita come un demonio ma sopratutto con una canzone che ha un ritmo frenetico ed un testo trascurabile. Gli spettatori sono divisi tra quelli indignati e quelli che si agitano sulle sedie al ritmo di “24.000 baci” che arriverà al secondo posto.
Continua certamente la tradizione della canzone melodica che ha ancora molti sostenitori. Così nel 1962 Tony Renis con “Quando quando quando” non raggiungerà il primo posto ma avrà un grosso successo nazionale ed internazionale. Questa è un’altra delle caratteristiche di Sanremo: spesso canzoni e cantanti che vengono scartati dalla competizione hanno invece un grosso successo di vendite, a dimostrare come le giurie selezionate non riescano ad interpretare il gusto della gente comune. In quel filone vengono cooptati cantanti “giovani” per catturare anche quel segmento di ascoltatori. Un esempio significativo è Gigliola Cinquetti che nel 1964 vince con “Non ho l’età” non solo a Sanremo ma anche all’Eurovision.
Questo decennio è molto prolifico anche per il festival: sul palco di Sanremo si presentano una quantità di nuovi talenti come mai più capiterà. Cantanti e stili musicali dei più diversi, alcuni effimeri, ma molti che faranno la storia della musica leggera italiana nei prossimi decenni.
Con l’avanzare del decennio il boom economico mostra, però, anche tutte le sue contraddizioni. Le campagne vengono abbandonate e una migrazione silenziosa riempe le periferie delle città di gente povera alla ricerca di fortuna. Nelle città industriali del nord (Torino, Milano) si costruiscono interi quartieri di “immigrati” del sud e la convivenza non è sempre facile.
A livello internazionale la speranza di pace si infrange sulla nascita dei due blocchi contrapposti di Stati Uniti e Russia e sulla “guerra fredda” che si manifesta in guerre combattute come quella del Vietnam e nella corsa allo spazio, culminata con lo sbarco sulla luna del 1969. Come reazione nascono movimenti di protesta giovanile come gli Hippies, i Black Panthers ecc.
I giovani italiani scoprono la nuova musica che viene specialmente dall’Inghilterra, dove Beatles, Rolling Stones e altre band beat stanno compiendo una vera e propria rivoluzione musicale. A Sanremo però tutto ciò non riesce ad arrivare fino al 1966, quando Caterina Caselli si aggiudica il secondo posto cantando Nessuno mi può giudicare, brano dal testo
aggressivo e dalla sonorità beat. Ma è un caso abbastanza isolato. Sempre nel 1966 Adriano Celentano canta una canzone di denuncia sociale: Il Ragazzo della via Gluck, che parla del degrado delle periferie cittadine, ma che viene subito eliminata e non arriva in finale. L’anno dopo, il 1967, tra canzoni d’amore più o meno “tradizionali”, fa capolino il gruppo dei Giganti che con la loro Proposta portano a Sanremo i temi del disagio giovanile e del messaggio hippy.
Siamo alle porte degli anni 70 e sta per scoppiare la protesta.