Occhi di ragazza

Gianni Morandi

1970 Gianfranco Baldazzi, Sergio Bardotti, Lucio Dalla e Armando Franceschini

Occhi di ragazza
quanti cieli,
quanti mari che m’aspettano
occhi di ragazza
se vi guardo
vedo I sogni che farò.
Partiremo insieme per un viaggio
per città che non conosco
quante primavere che verranno
che felici ci faranno
sono già negli occhi tuoi

Occhi di ragazza
io vi parlo
coi silenzi dell’amore
e riesco a dire
tante cose che la bocca non dirà.
Quando ti risvegli la mattina
tutto il sole è nei tuoi occhi
quando si fa notte, nella notte
nei tuoi occhi
c’è una luce che mi porta fino a te.

Un giorno in loro scoprirò
quello che tu nasconderai.

Occhi di ragazza
questo viaggio prima o poi
sarà finito.
Una spiaggia vuota senza mare
io dovrò vedere in voi
Occhi di ragazza
quanto male vi farete perdonare
l’acqua di una lacrima d’addio sarà l’ultimo regalo
che da voi riceverò

L’acqua di una lacrima d’addio sarà l’ultimo regalo
che da voi riceverò.

Donne

Zucchero

1985 – Alberto Salerno e Zucchero

Donne, tu du du,
in cerca di guai;
donne a un telefono che non suona mai. Donne, tu du du,
in mezzo a una via;
donne allo sbando senza compagnia. Negli occhi hanno dei consigli
e tanta voglia d’avventure,
e se hanno fatto molti sbagli
sono piene di paure.
Le vedi camminare insieme,
nella pioggia o sotto il sole,
dentro pomeriggi opachi,
senza gioia né dolore.

Donne, tu du du,
pianeti dispersi;
per tutti gli uomini così diversi.
Donne, tu du du,
amiche di sempre;
donne alla moda, donne contro corrente.

Negli occhi hanno gli aeroplani per volare ad alta quota,
dove si respira l’aria
e la vita non è vuota.

Le vedi camminare insieme, nella pioggia o sotto il sole, dentro pomeriggi opachi, senza gioia né dolore.

Donne, oh. Donne.

Donne, tu du du,
in cerca di guai;
donne a un telefono che non suona mai. Donne, tu du du,
in mezzo a una via;
donne allo sbando senza compagnia.

Donne. Donne.

Vita spericolata

Vasco Rossi

1983 – Vasco Rossi e Tullio Ferro

Voglio una vita maleducata
Di quelle vite fatte, fatte così
Voglio una vita che se ne frega
Che se ne frega di tutto sì
Voglio una vita che non è mai tardi
Di quelle che non dormono mai
Voglio una vita di quelle che non si sa mai…

E poi ci troveremo come le stars
A bere del whisky al Roxy bar
O forse non c’incontreremo mai
Ognuno a rincorrere i suoi guai
Ognuno col suo viaggio
Ognuno diverso
E ognuno in fondo perso Dentro i fatti suoi

Voglio una vita spericolata
Voglio una vita come quelle dei film
Voglio una vita esagerata
Voglio una vita come Steve McQueen
Voglio una vita che non è mai tardi
Di quelle che non dormi mai
Voglio una vita, la voglio piena di guai

E poi ci troveremo come le stars
A bere del whisky al Roxy bar
Oppure non c’incontreremo mai
Ognuno a rincorrere i suoi guai
Ognuno col suo viaggio Ognuno diverso
E ognuno in fondo perso
Dentro i fatti suoi

Voglio una vita maleducata
Di quelle vite fatte così
Voglio una vita che se ne frega
Che se ne frega di tutto sì
Voglio una vita che non è mai tardi
Di quelle che non dormi mai Voglio una vita

Vedrai che vita vedrai

E poi ci troveremo come le star
A bere del whisky al Roxy bar
O forse non c’incontreremo mai
Ognuno a rincorrere i suoi guai ….(ripetere)

Voglio una vita spericolata
Voglio una vita come quelle dei film
Voglio una vita esagerata
Voglio una vita come Steve McQueen
Voglio una vita maleducata
Di quelle vite fatte, fatte così
Voglio una vita che se ne frega
Che se ne frega di tutto sì

Amore che vieni, amore che vai

Diodato

1966 – Fabrizio de André

Quei giorni perduti a rincorrere il vento
a chiederci un bacio e volerne altri cento
un giorno qualunque li ricorderai
amore che fuggi da me tornerai
un giorno qualunque li ricorderai
amore che fuggi da me tornerai


e tu che con gli occhi di un altro colore
mi dici le stesse parole d’amore
fra un mese fra un anno scordate le avrai
amore che vieni da me fuggirai
fra un mese fra un anno scordate le avrai
amore che vieni da me fuggirai


venuto dal sole o da spiagge gelate
perduto in novembre o col vento d’estate
io t’ho amato sempre, non t’ho amato mai
amore che vieni, amore che vai
io t’ho amato sempre, non t’ho amato mai
amore che vieni, amore che vai

 

Boccadirosa

Fabrizio de André

1967 – Fabrizio De André , Gian Piero Reverberi

La chiamavano Bocca di Rosa
metteva l’amore, metteva l’amore,
la chiamavano Bocca di Rosa
metteva l’amore sopra ogni cosa.

Appena scese alla stazione
nel paesino di Sant’Ilario
tutti si accorsero con uno sguardo
che non si trattava di un missionario.

C’è chi l’amore lo fa per noia
chi se lo sceglie per professione
Bocca di Rosa né l’uno né l’altro
lei lo faceva per passione.

Ma la passione spesso conduce
a soddisfare le proprie voglie
senza indagare se il concupito
ha il cuore libero oppure ha moglie.

E fu così che da un giorno all’altro
Bocca di Rosa si tirò addosso
l’ira funesta delle cagnette
a cui aveva sottratto l’osso.

Ma le comari di un paesino
non brillano certo in iniziativa
le contromisure fino a quel punto
si limitavano all’invettiva.

Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio,
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare cattivo esempio.

Così una vecchia mai stata moglie
senza mai figli, senza più voglie,
si prese la briga e di certo il gusto
di dare a tutte il consiglio giusto.

E rivolgendosi alle cornute
le apostrofò con parole argute:
“Il furto d’amore sarà punito-disse-
dall’ordine costituito”.

E quelle andarono dal commissario
e dissero senza parafrasare:
“Quella schifosa ha già troppi clienti
più di un consorzio alimentare”.

E arrivarono quattro gendarmi
con i pennacchi con i pennacchi
e arrivarono quattro gendarmi
con i pennacchi e con le armi.

Il cuore tenero non è una dote
di cui sian colmi i carabinieri
ma quella volta a prendere il treno
l’accompagnaron malvolentieri

Alla stazione c’erano tutti
dal commissario al sagrestano
alla stazione c’erano tutti
con gli occhi rossi e il cappello in mano.

A salutare chi per un poco
senza pretese, senza pretese,
a salutare chi per un poco
portò l’amore nel paese.

C’era un cartello giallo
con una scritta nera
diceva “Addio bocca di rosa
con te se ne parte la primavera”.

Ma una notizia un po’ originale
non ha bisogno di alcun giornale
come una freccia dall’arco scocca
vola veloce di bocca in bocca.

E alla stazione successiva
molta più gente di quando partiva
chi manda un bacio, chi getta un fiore,
chi si prenota per due ore.

Persino il parroco che non disprezza
fra un miserere e un’estrema unzione
il bene effimero della bellezza
la vuole accanto in processione.

E con la Vergine in prima fila
e bocca di rosa poco lontano
si porta a spasso per il paese
l’amore sacro e l’amor profano.

O mia bela Madunina

1934 – Giovanni d’Anzi

A diesen la canzon la nass a Napuli e francament g’han minga tutti i tort Surriento, Margellina tucc’i popoli
i avran cantà on milion de volt
mi speri che se offendera nissun se parlom un cicin anca de num

O mia bela Madunina che te brillet de lontan
tuta d’ora e piscinina,
ti te dominet Milan
sota a ti se viv la vita,
se sta mai coi man in man
canten tucc “lontan de Napoli se moeur”
ma po’ i vegnen chi a Milan

Ades ghè la canzon de Roma magica de Nina er Cupolone e Rugantin
se sbaten in del tever, roba tragica esageren, me par on cicinin
Sperem che vegna minga la mania de metes a cantà “Milano mia”

O mia bela Madunina che te brillet de lontan tuta d’ora e piscinina, ti te dominet Milan
sota a ti se viv la vita, se sta mai coi man in man canten tucc “lontan de Napoli se moeur”
ma po’ i vegnen chi a Milan

Si vegni senza paura, num ve songaremm la man
tucc el mond a l’è paes e semm d’accord
ma Milan, l’è on gran Milan!

Dicono che la canzone nasca a Napoli
E francamente non hanno tutti i torti
Sorrento, Mergellina, tutti i popoli
Li avranno cantato un milione di volte
Io spero che non si offenda nessuno
Se parliamo un pochino anche di noi

O mia bella Madonnina che brilli da lontano
Tutta d’oro e piccolina,
tu domini Milano
Sotto di te si vive,
non si sta mai con le mani in mano
Cantano tutti “lontano da Napoli si muore”
Ma poi vengono qui a Milano

Adesso c’è la canzone di Roma magica
Di Nina il Cupolone e Rugantino
Si buttano nel Tevere, cose tragiche
Esagerano, secondo me un pochino
Speriamo che non venga la mania
Di mettersi a cantar “Milano mia”

O mia bella Madonnina che brilli da lontano
Tutta d’oro e piccolina,
tu domini Milano
Sotto di te si vive,
non si sta mai con le mani in mano
Cantano tutti “lontano da Napoli si muore”
Ma poi vengono qui a Milano

Venite senza paura,
vi porgeremo la mano
Tutto il mondo è paese, siam d’accordo
Ma Milano è una grande Milano


Il Duomo di Milano è la chiesa più grande d’Italia, la sesta nel mondo per superficie (oltre 10.000 mq).

La sua costruzione è iniziata nel 1386 ed è proseguita per centinaia di anni.
Nel 1805, Napoleone, per la sua incoronazione a Re d’Italia, chiese di completare la facciata, ma non fu possibile. I lavori terminarono alla fine del 1800. Quindi per la sua costruzione ci sono voluti 500 anni. Da questo è nato un modo di dire per indicare un’attività che non finisce mai: “è un duomo di Milano”.

Alla fine del 1700 fu costruita la prima guglia, quella più alta, e su di essa, all’altezza di 108 m, fu installata una statua della Madonna, in rame dorato che fu chiamata affettuosamente “La Madonnina” (alta 4,16 metri) con lo sguardo e le braccia aperte verso il cielo a chiedere la benedizione di Dio sulla città.

La Madonnina ha in mano un’alabarda che è, in realtà, un parafulmine mascherato.

C’è una legge a Milano che impone che nessun edificio sia più alto della Madonnina. Per questo motivo, quando è stata costruita la Torre Isozaki, che, con 209 m, è oggi la costruzione più alta della città, sul suo tetto è stata posizionata una copia della Madonnina.